Intervista a Melania Petriello | readmi.it

Come è nato il libro?

Metti un pomeriggio di sana indigestione mediatica, duecento grammi di ansia da qualunquismo, due tuorli di buona complicità, un foglio bianco da imbrattare di appunti, tre cucchiai di idee nel frullatore. Nel tempo dei ricettari che si atteggiano a libri, la metafora della cucina funziona: “Al mio Paese” l’ho messo in forno perché cuocesse bene, con la sapienza del tempo lungo. Mesi di ricerche a più mani, insieme a firme eccellenti del giornalismo, per raccontare l’Italia che si specchia nei suoi vizi. Senza che diventassimo tutti un carosello di parole sole. Ecco perché è un libro corale: ogni vizio capitale racconta pagine di memoria che chiedono ancora di essere raccontate, ibridando tempi e personaggi della storia nostra. Con la curiosità chirurgica del cronista e il sogno antico del narratore. Anzi, del cantastorie.

Un motivo per leggerlo.

Perché è la risposta coraggiosa di una piccola casa editrice, Edimedia, capitanata da Danila De Lucia, che da anni investe in qualità. La stessa collana PensieroLento, coordinata da Nazzareno Orlando, nasce, anche etimologicamente, dalla sfida a spingere sul deceleratore. La cultura ha ritmi suoi. Lasciamola in pace, oltre che in vita. Perché è la risposta giornalistica a un paese in ansia da prestazione, in cui tutti credono di sapere e pochi si accorgono di essere solo informati. Perché è la risposta a quello che siamo stati, che non abbiamo avuto il coraggio di essere, che avremmo dovuto. Perché è la risposta, semplice e irriverente, alle domande di stato. Perché è domanda, più che risposta. “Al mio Paese” rispolvera la bellezza delle storie e il fascino dell’interrogazione. Solo un Paese che scomoda e pretende, in cui i giornalisti danno e non fanno notizia, è davvero libero.

A chi lo consiglieresti?

La vittoria di un libro è smettere di restare libro. In questo, abbiamo già vinto. “Al mio Paese” è anche uno short film, scritto e diretto da Valerio Vestoso (con le musiche originali del maestro Vanni Miele), che ha conquistato i più importanti cartelloni di corti e videoarte in Italia. E sarà, nella prossima primavera, un importante allestimento teatrale prodotto da Itaca e in scena al Teatro Eliseo di Roma per la stagione in corso. Con la regia di Paolo Vanacore e la partecipazione di Sebastiano Nardone. Un momento “alto”, rivolto anche alle scuole, al quale stiamo lavorando con spirito e dedizione. “Al mio Paese” ha ancora molto da raccontare. Ecco perché è un libro di tutti, più che per tutti.

Indirizzi per chi volesse saperne di più…

Da qualche settimana è on line il mio blog www.almiopaese.it, nel quale si trovano tracce e input. E continueremo a lavorare. Dalle perle non nasce nulla, ma dalle parole nascono perle.

Lo consiglieresti come il perfetto regalo da lasciare sotto l’albero?

Che siate costretti o solo persuasi, i regali da fare vi tormenteranno. Il libro resta il più tradizionale degli auspici: non muore mai. “Al mio Paese – Sette vizi. Una sola Italia” vi spingerà ad aprirne di altri. Per capire, per cercare, per dissentire, per trovare conferma. Fa bene alla testa, prima che al cuore. E se è vero che raccontiamo di quei vizi capitali così radicati nell’animo umano da avere ispirato e scritto il passato che ci portiamo dietro e il presente che tuona dentro, è vero anche che lo facciamo come atto d’amore. Solo chi ama vuole dire la sua.

La dedica speciale?

Il delitto Pasolini e il colore a Napoli, il Concilio Vaticano Secondo e il Codice da Vinci, le donne dell’Italia dis-unita e la strage di Capaci, passando per la politica sessuale e corrotta, Lucrezia Borgia, la 194 e i buffet europarlamentari: “Al mio Paese” centrifuga questo e molto alto. È, in fondo, dedicato a tutte le storie che fanno la Storia. Ai punti di vista dispersi, alle cose che non meritano oblio. È dedicato alla forza di mettersi in gioco, perché i miei autori d’eccezione (Vanni Truppi, Carlo Puca, Luciano Ghelfi, Luca Maurelli, Carlo Tarallo, Tiziana Di Simone, Giuseppe Crimaldi, Fausta Speranza, Gianmaria Roberti, con Franco di Mare per il prologo e lo storico Fabrizio Dal Passo per l’epilogo) sono grandi in tutti i sensi. È dedicato agli italiani che hanno fatto l’Italia, e che continueranno a farla. Non è un caso, che in apertura ho voluto la Preghiera alla Vergine del Paradiso dantesco. Un inno alla Madre, a mia madre. Al principio. Non è un caso. Anzi, il caso non esiste.

 

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