No vote, no party

In Italia si fermano le leggi, i cantieri edili, l’ammodernamento infrastrutturale. Si fermano le lancette della memoria, le penne della giustizia, le risposte di stato.

La lentezza è un vizio italiano, profondamente italiano.

Ma loro no, non si sono fermati: i ragazzi temporaneamente all’estero esclusi dal voto, ai quali era stata promesso un impegno di mobilitazione parlamentare, non si sono fermati.

La notizia ha tenuto banco per alcuni giorni, sollecitando reazioni politiche da campagna elettorale. E ora, passata la notizia, è passata pure la festa. Migliaia di cittadini che non si sentono contemplati nel paese in cui la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della legge. Primo articolo della Costituzione.

Ma la banda degli onesti non si è arresa. I ragazzi che per motivi di studio e interscambio culturale si trovano furi Italia hanno messo in piedi un po’ di iniziative, prive di valore legale ma non di significato: voteranno attraverso una piattaforma web messa a disposizione da ID Technology, hanno lanciato due petizioni, saranno in piazza per raccogliere un voto simbolico grazie all’impegno dei volontari.

Un disegno di legge che colmi questo vuoto e interrompa il cortocircuito burocratico c’è e giace in Senato. Gli altri Paesi, ovviamente, se la passano meglio. E noi, per una volta, potremmo non stare a guardare.

Partire subito per evitare che il problema si ripresenti alle prossime consultazioni elettorali, per esempio. Ecco, potremmo provarci. Lentamente.

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